Sindrome del Colon Irritabile

La sindrome del colon irritabile (Irritable bowel syndrome IBS) è una delle più comuni malattie gastrointestinali ad oggi diagnosticata, 25-50% delle consultazioni dal gastroenterologo con  prevalenza maggiore nella popolazione femminile (2:1) e questo avviene prima dei 35 anni. E’ caratterizzata da dolore e gonfiore addominale relazionato ad alterazione della defecazione e meteorismo. Secondo i criteri di Roma II, l’IBS può essere diagnosticata sulla base della presenza di sintomi da almeno 12 settimane, non necessariamente consecutive, purché nei 12 mesi precedenti ci sia stato disagio o dolore addominale con due su tre delle seguenti caratteristiche:

  • Dolore alleviato con defecazione;
  • Esordio associato ad una cambiamento della frequenza delle feci (più di tre evacuazioni al giorno o meno di tre alla settimana);
  • Esordio associato ad un cambiamento di forma delle feci (feci dure o grumose o a pezzi o acquose);
  • Passaggio delle feci anomale (sforzo, urgenza, o sensazione di evacuazione incompleta);
  • Gonfiore o sensazione di distensione addominale.
  • Tensione nel corso di una defecazione
  • Emissione di muco durante la defecazione

L’IBS appartiene al gruppo dei disordini funzionali gastrointestinali (DFGI) una categoria diagnostica definibile in base alla sola presentazione sintomatologica e caratterizzata dall’assenza di un evidente substrato fisio-patogenetico. Ad oggi non è definibile un unico elemento patogenetico che ne giustifichi lo sviluppo, tra le ipotesi troviamo predisposizione genetica, episodi infettivi a carico dell’apparato gastro-intestinale, presenza di stimoli biologici come antigeni allergeni e batteri o alterazioni del controllo psico-neuro-immuno-endocrino (teoria prevalente) .

E’ indubbio che il profilo psicologico del paziente giochi un ruolo fondamentale nella patogenesi dell’IBS; tale connessione è evidenziata dall’andamento ricorrente della malattia, con fasi di remissione e riesacerbazione, queste ultime molto frequentemente precedute da intensi stress psicofisici. Il dolore e il fastidio addominale, accompagnati da alterazione dell’alvo, sono inoltre essi stessi causa di stress, ansia ed apprensione, stati emotivi che possono sostenere il circolo vizioso alla base della sindrome dell’intestino irritabile.

La principale manifestazione della sindrome dell’intestino irritabile è il dolore. Sovente, i pasti rappresentano gli eventi scatenanti il dolore che, viceversa, tende a venire alleviato dalla defecazione o all’evacuazione di gas. Al dolore si associa senso di tensione e distensione addominale. Le caratteristiche delle feci vengono distinti in quattro gruppi in cui è possibile stratificare i pazienti.

Sindrome dell’intestino irritabile con stipsi prevalente: Tale gruppo è caratterizzato dalla presenza di feci dure o caprine in una percentuale superiore al 25% delle defecazioni e di feci non formate in una percentuale inferiore al 25%. Questi pazienti riferiscono spesso meno di tre evacuazioni alla settimana, accompagnate da sforzo durante la defecazione e sensazione di incompleto svuotamento intestinale. Molto frequentemente, questi pazienti ricorrono all’uso di lassativi.

Sindrome dell’intestino irritabile con diarrea prevalente: In questo caso, l’alvo è caratterizzato da feci molli, non formate, in una percentuale superiore al 25% delle defecazioni e di feci dure o caprine in una percentuale inferiore al 25%. Questi pazienti riferiscono spesso più di tre evacuazioni al giorno, accompagnate da stimolo imperioso, incontinenza e presenza di muco nelle feci.

Sindrome dell’intestino irritabile con alvo alterno: Tale gruppo presenta feci non formate, molli, in più del 25% delle evacuazioni e dure, caprine, in più del 25% delle evacuazioni. Ad episodi di diarrea intensa si alternano episodi di stipsi più o meno grave.

Sindrome dell’intestino irritabile inclassificata: In questi pazienti non è possibile identificare con precisione una prevalenza o un’alternanza del tipo di alvo.

La terapia è finalizzata alla risoluzione degli eventi patogenetici alla base dell’IBS. In questo senso, importante e il rapporto medico-paziente atto ad indagare le situazioni o gli alimenti correlati al peggioramento del corredo sintomatologico; utile può essere un diario dove annotare frequenza e caratteristiche dell’alvo, del dolore addominale e della presenza o meno di meteorismo. La terapia farmacologica si fonda sull’utilizzo di farmaci sintomatici come gli anticolinergici (per inibire la ipereccitabilità della muscolatura liscia dell’intestino del tenue e del colon), gli antidiarroici (per ridurre la motilità ed il transito intestinale delle feci) e l’utilizzo antidepressivi triciclici e ansiolitici con azione sulla motilità e con azione antagonista sui recettori della serotonina e conseguentemente sul sistema nervoso enterico, quest’ultima terapia è utile nei brevi periodi in cui il paziente riconosce il proprio stato d’ansia, è molto utile nel ridurre la partecipazione psicologica al dolore, con riduzione dello stesso. Tuttavia, tali terapie devono essere intraprese in un adeguato contesto psicoterapeutico volto non soltanto alla terapia della IBS, ma alla ricerca e all’eliminazione degli elementi psicosociali alla basi dei disturbi d’ansia o depressione. Sarà poi il medico competente a decidere se e quale percorso farmacologico intraprendere.

L’associazione tra IBS e disturbi psicologici non è mai stata realmente dimostrata ma da studi si evidenzia una relazione. Recentemente è stata dimostrata la presenza di micro focolai infiammatori all’interno della mucosa intestinale questo mette in discussione le tesi che considerano l’IBS una patologica ad eziopatogenesi non organica.

Una particolare attenzione va posta verso i sintomi che ci possono far pensare ad una presenza di patologia organica come  un inizio di IBS dopo i 50 anni, anoressia o perdita di peso, sintomatologia prevalentemente notturna, rettoragia, febbre, steatorrea, intolleranza al lattosio e al glutine.

Il supporto dello specialista nutrizionista risulta efficace attraverso l’utilizzo di una dieta appropriata. Importante l’apporto di fibre e liquidi in caso di stipsi o una sua riduzione (crusca) in caso di diarrea a crampi addominali. Particolare attenzione va posta a cavoli, broccoli, cavolfiori e legumi (in caso di gonfiore addominale), importante la presenza nella dieta di verdure cotte, pesce e scarsi quantitativi di carne. In numerosi casi il latte tende a peggiorare la sintomatologia, lo yogurt in genere viene tollerato perché contiene batteri che rendono il lattosio più digeribile. No ai dolcificanti, marmellate e bibite gassate e riduzione della caffeina in quanto irritante. Una sostanza che pare peggiorare la sintomatologia è il classico dolcificante (acesulfame, aspartame, maltitolo) ed è meglio preferire lo zucchero ovviamente in basse dosi.

Essendo questa patologia caratterizzata da dolore addominale e gonfiore, ed avendo un peggioramento della sintomatologia in relazione a fattori di stress, può essere utile una terapia attraverso l’utilizzo di piante medicinali come l’aneto, il cumino, la curcuma, il finocchio, la camomilla, la valeriana, il mirtillo rosso, la cannella, il carciofo, e rosmarino, zenzero malva e melissa.