Dolore Cronico Pelvico

La sindrome del dolore cronico pelvico (Chronic pelvic pain, CPP) è definita come “dolore non-mestruale, di durata uguale o superiore ai 6 mesi, che è sufficientemente severo da causare disabilità funzionale o da necessitare di trattamento medico-chirurgico” ed è una patologia che affligge il 3,8-24% delle donne dai 15 ai 75 anni, causando disabilità e riduzione della qualità di vita, sociale, lavorativa e coniugale.

Nonostante la diffusione di questo disturbo, la ricerca scientifica non ha ancora raggiunto risultati concordi in merito alla eziologia e quindi il trattamento del dolore cronico pelvico. La difficoltà nel riconoscerne le cause primarie sta nel fatto che questa patologia si presenta con molti sintomi differenti e non specifici, che possono essere ricollegati sia a problemi viscerali, che somatici, o addirittura a entrambi.

Gli studi all’interno della comunità medica che si occupa di questo problema sono effettuati negli ambiti di: urologia, ostetricia e ginecologia, uro-ginecologia, medicina interna, medicina familiare, gastroenterologia, chirurgia colo rettale e chirurgia generale; e per questo motivo le opinioni a riguardo possono essere molto varie.

Tale incertezza pesa sui pazienti affetti da questa problematica, che spesso ricevono da ogni specialista una risposta diversa e una proposta differente di trattamento. Se essi non vengono guidate verso la risoluzione definitiva, il rischio di un loro rinuncio alla ricerca della causa e al percorso di cura è alto e ciò andrebbe a inficiare ulteriormente sulla loro qualità di vita.

Inoltre, la mancanza di una diagnosi certa ha portato alla tendenza diffusa di attribuire il dolore cronico pelvico unicamente a problemi psicologici o comportamentali femminili (ansia, depressione, personalità di tipo ansioso, mal adattamenti ad eventi vitali stressanti), trascurandone, in questo modo, le basi biologiche.

Tale teoria si basa sul fatto che questi problemi, protraendosi nel tempo, venivano somatizzati causando uno stato di tensione muscolare e quindi dolore nella zona pelvica; per questo la terapia classica, fino a poco tempo fa, era esclusivamente farmacologica, a base di antidepressivi.

Questo pensiero, era così diffuso che i pazienti stessi si convincevano di essere la causa del proprio male, aumentando lo stato di stress e di ansia e abbandonando definitivamente l’idea di poter trovare una soluzione esterna alla loro patologia.

Studi recenti stanno dimostrando la presenza di causa organica e psicologica , proponendo un approccio olistico, più adeguato alla complessità della patologia, e sostenendo che considerarne esclusivamente un aspetto potrebbe causare più danni che benefici.

Non viene esclusa, quindi, la componente psicologica, considerata di fondamentale importanza, ma viene inserita in un contesto diagnostico più ampio e interpretata come conseguenza di un problema fisico.

 

Parallelamente, molti autori hanno sottolineato l’importanza della figura della riabilitazione all’interno della ricerca e diagnosi del dolore cronico pelvico, poiché è stato documentato che il sistema muscolo-scheletrico è strettamente coinvolto nel CPP, sia come causa che come effetto di dolore cronico, anche in presenza di disfunzioni viscerali.

Perciò la fisioterapia è in una posizione unica per trattare questo aspetto del dolore cronico pelvico, che sta acquistando sempre più rilevanza, poiché possiede conoscenze di anatomia, ossea e muscolare, ed è in grado di valutare la stretta relazione tra la pelvi e la muscolatura circostante; in questo ambito si occuperà, dunque, di ridurre il dolore e ripristinare la corretta funzionalità.

È stato evidenziato, infatti, che più dell’85% delle pazienti affette da CPP presenta disfunzioni del sistema muscolo-scheletrico, che comprendono cambiamenti posturali e ipertono dei muscoli dei muscoli pelvici (i più frequenti: spasmo del muscolo elevatore dell’ano e otturatore interno e sindrome del piriforme). Queste disfunzioni possono contribuire all’incremento di tensione, spasmo e accorciamento adattivo dei muscoli che esacerba e mantiene il dolore.

In generale l’obiettivo principale delle cure è il miglioramento della qualità di vita dell paziente ed è questo il motivo per cui non si può trattare il dolore cronico pelvico in modo univoco. Da un lato vi sono terapie per il miglioramento del dolore e della funzionalità, ma dall’altro troviamo il bisogno di alleviare la sofferenza di non poter vivere “normalmente”, poiché immancabilmente questo problema incide non solo sulla vita singola del paziente, ma sulle sue relazioni sentimentali e sulla vita sociale e lavorativa.

La riabilitazione nel percorso di guarigione collabora strettamente con altre terapie; in particolare poniamo l’attenzione sulla terapia comportamentale (psicoterapia), poiché gli aspetti psicologici possono incidere fortemente sull’adesione del paziente alle cure, modificandone significativamente l’esito.

Infatti, data la lunga durata di questo percorso di riabilitazione, la psicoterapia è sicuramente uno strumento molto utile sia per la presa di coscienza che per l’accettazione del problema, facilitando così l’alleanza terapista-paziente, che è di fondamentale importanza.

Esistono, due tipi di dolore:

  • dolore acuto o dolore nocicettivo dove i recettori del dolore svolgono il loro compito, segnalando al centro che i tessuti circostanti sono esposti a danno. Il dolore nocicettivo è una reazione ‘fisiologica’ ad uno stimolo potenzialmente lesivo per i tessuti.
  • dolore cronico o dolore neuropatico ovvero patologico, dove un insulto tissutale del sistema nervoso o non nervoso, provoca attività abnorme direttamente lungo le vie periferiche o centrali che trasmettono il dolore, trasformandosi in malattia

Non ci sono risposte definitive a domande sul perché possa avvenire una transizione da dolore nocicettivo (detto anche acuto) a dolore neuropatico (detto anche cronico), sul quando si verifica questa trasformazione e su quali siano gli elementi necessari e gli epifenomeni secondari. Tuttavia dolore neuropatico e dolore nocicettivo sono entità distinte che riconoscono meccanismi patogenetici distinti. Il passaggio dall’uno all’altro non è sancito da un criterio temporale come potrebbe sembrare dalla terminologia, quanto alla capacità, o meno, dell’organismo di riportare alla norma le afferenze sensoriali e gli eventi scatenati all’interno del SNC.

Il dolore cronico pelvico, alla cui base vi sono fenomeni di sensibilizzazione neuro assiale, è definito come un dolore non maligno percepito nelle strutture legate al bacino di uomini o donne. Può avere duplice origine:

– si può trattare di un dolore nocicettivo documentato che diventa cronico e quindi neuropatico. Alla base vi è una causa biologica conosciuta che attiva il dolore neuropatico attraverso la persistenza del dolore nocicettivo; in questo caso il dolore deve essere stato continuo o ricorrente per almeno 6 mesi.

– oppure si tratta di un dolore neuropatico, non di tipo acuto, con alla base dei meccanismi di dis-regolazione centrale del dolore; in questo caso il dolore pelvico può essere considerato come cronico, indipendentemente dal periodo di tempo trascorso.

Pertanto il dolore cronico è sostenuto sempre da un dolore di tipo neuropatico che si manifesta o d’amble oppure attraverso la trasformazione da un dolore di tipo nocicettivo.

In questo fenomeno, descritto come “neural-axial central sensitization” o neuro-sensibilizzazione, la “lettura” delle afferenze a livello corticale risulta amplificata e distorta in diverso modo: stimoli che derivano da afferenze di natura sensitiva non dolorosa, sono mutati in stimoli dolorosi (“allodinia”). Lievi stimoli dolorosi vengono percepiti come dolore di forte intensità (”iperalgesia”), deboli stimoli propriocettivi generano sensazioni sgradevoli (”disestesia”).

I bersagli potenziali del dolore cronico pelvico, sono rappresentati dagli organi pelvici maschili e femminili, dalle funzioni da questi espletate, e dalla muscolatura della pelvi che svolge funzione di supporto agli organi e di coordinamento delle funzioni. Ne possono, così, nascere disfunzioni urinarie, sessuali, ano-rettali. Alterazioni della sensibilità viscerale con caratteristiche di allodinia, iperalgesia e disestesia possono essere presenti a carico di tutti gli organi pelvici, ed i muscoli pelvici possono divenire iperalgici, con presenza di multipli “trigger points”.

Vi sono poi dei quadri clinici di dolore cronico pelvico che sono noti, definiti ‘sindromi’, in cui il termine racchiude sia problematiche fisiche che psicologiche.