Prostata
La prostata è un organo ghiandolare situato nella piccola pelvi, tra la vescica in alto ed il trigono urogenitale in basso, al di dietro della sinfisi pubica e davanti al retto. Ha una forma di castagna, con la base superiore e l’apice inferiore, è di colore grigio rossastro e di consistenza teso-elastica; molto piccola nel bambino, solo dopo la pubertà inizia a crescere piuttosto rapidamente raggiungendo verso i 20-25 anni un peso complessivo di 20 grammi; è un organo parte dell’apparato genitale maschile che interviene nella produzione del liquido spermatico. La crescita prostatica prosegue, con minor rapidità, per tutta la durata della vita. É attraversata dall’uretra (uretra prostatica), nella quale riversa il suo secreto, e dai dotti eiaculatori che sboccano in uretra.
A causa della sua posizione, le malattie della prostata spesso interferiscono con la minzione, l’eiaculazione o la defecazione. Contiene molte piccole ghiandole che producono circa il venti per cento della parte liquida dello sperma e nel carcinoma prostatico le cellule di queste ghiandole mutano in cellule cancerose.
Carcinoma della prostata
La prostata è stata descritta per la prima volta dall’anatomista veneziano Niccolò Massa nel 1536, e il tumore prostatico non venne identificato prima del 1853.I primi trattamenti messi in atto furono interventi chirurgici per risolvere l’ostruzione urinaria. La prostatectomia radicale perineale venne eseguita per la prima volta nel 1904 da Hugh Young al Johns Hopkins Hospital. La resezione transuretrale della prostata rimpiazzò la prostatectomia radicale per la disostruzione dell’uretra nella metà del XX secolo. La prostatectomia radicale retropubica venne messa a punto nel 1983 da Patrick Walsh. Questo approccio chirurgico consentì la rimozione della prostata e dei linfonodi col mantenimento della funzionalità erettile del pene. La frequenza del carcinoma prostatico nel mondo è largamente variabile e la maggior parte dei Registri Tumori rileva un aumento della sua incidenza .
È meno diffuso nell’Asia meridionale e orientale, più comune in Europa, con ampie differenze tra paese e paese e ancor di più negli Stati Uniti.
Le cause specifiche della neoplasia sono sconosciute. Il rischio di sviluppare il tumore è correlato all’età, alla genetica, alla razza , alla dieta, allo stile di vita, all’assunzione di farmaci e ad altri fattori.
Il fattore primario è l’età. Il tumore della prostata è raro negli uomini al di sotto dei 45 anni, ma diventa sempre più frequente con l’invecchiamento. L’età media al momento della diagnosi è di 70 anni. Essendo una neoplasia tipica della età avanzata, può infatti accadere che sopraggiunga il decesso della persona colpita, per vecchiaia o altre cause, prima che il tumore mostri sintomi o segni che rivelino la sua presenza. Un’infezione o un’infiammazione della prostata (prostatite) può aumentare le probabilità di tumore. In particolare, infezioni sessualmente trasmesse come la clamidia, la gonorrea, e la sifilide sembrano aumentare il rischio, così come l’obesità.
L’adenocarcinoma acinare (il tumore che si sviluppa dalle strutture acinari, a forma di acino d’uva, della prostata) rappresenta l’istotipo più frequente tra le neoplasie prostatiche. Nel 70% dei casi l’adenocarcinoma acinoso origina dalla porzione periferica, con tipica localizzazione posteriore. Su questa caratteristica si fonda il razionale dell’esplorazione rettale come esame di approccio e completamente diagnostico nella visita di un paziente con corredo clinico ascrivibile a patologia prostatica. Un carcinoma della prostata in fase precoce di solito non dà luogo a sintomi. Spesso viene diagnosticato in seguito al riscontro di un livello elevato di PSA durante un controllo di routine. Talvolta, tuttavia, il carcinoma causa dei problemi, spesso simili a quelli che intervengono nella ipertrofia prostatica benigna; essi includono pollachiuria, nicturia, difficoltà a iniziare la minzione e a mantenere un getto costante, ematuria, stranguria. Può anche causare problemi nella funzione sessuale, come difficoltà a raggiungere l’erezione e eiaculazione dolorosa.
Le scelte diagnostiche di screening nel caso del tumore della prostata comprendono l’esame rettale e il dosaggio del PSA che misura il livello ematico di un enzima prodotto dalla prostata. Livelli di PSA tra 4 e 10 ng/ml indicano un rischio di tumore più alto del normale.Una parte importante della valutazione diagnostica è la stadiazione, ossia il determinare quanto è grande e quanto è diffuso il tumore. Determinare lo stadio aiuta a definire la prognosi e a selezionare il trattamento. Il sistema più comune è il sistema a quattro stadi TNM, che prevede di considerare le dimensioni del tumore, il numero di linfonodi coinvolti e la presenza di metastasi.
La distinzione più importante operata da qualsiasi sistema di stadiazione è se il tumore è o meno confinato alla prostata.
Classificazione TNM
Si basa sulla valutazione di tre elementi:
T: estensione del tumore primitivo
N: assenza o presenza di metastasi o linfonodi regionali
M: assenza o presenza di metastasi a distanza.
L’aggiunta di numero a queste tre componenti indica l’estensione del tumore.
T0, T1, T2, T3, T4
N0, N1, N2, N3
M0, M1
Sistema di gradi secondo Gleason
Viene suddiviso in 5 gradi in relazione alla differenziazione
Grado1: altamente differenziato
Grado2: ben differenziato
Grado 3: moderatamente differenziato
Grado 4: scarsamente differenziato
gradi 5:altamente differenziato con presenza di cellule infiltranti.
La terapia del carcinoma prostatico può comprendere: l’osservazione in assenza di trattamento, la chirurgia, la radioterapia, gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità HIFU, la chemioterapia, la criochirurgia, la terapia ormonale, o una combinazione di queste. La scelta dell’opzione migliore dipende dallo stadio della malattia, dai livelli di PSA, dall’età l’età del paziente, dal suo stato generale. Poiché tutte le terapie possono indurre significativi effetti collaterali, come le disfunzione erettile e l’incontinenza urinaria, discutere col paziente circa la possibile terapia spesso aiuta a bilanciare gli obiettivi terapeutici coi rischi di alterazione dello stile di vita.
La prostatectomia radicale rappresenta il trattamento gold standard per il carcinoma della prostata clinicamente localizzato in pazienti con un’aspettativa di vita di almeno 10 anni.
Con questo termine si indica l’intervento chirurgico che prevede l’asportazione in blocco della prostata e delle vescicole seminali, e la successiva anastomosi vescico-uretrale.
La selezione del paziente è fatta in base allo stadio clinico del tumore, alle aspettative di vita e alle condizioni psicofisiche del paziente.
La finalità della prostatectomia radicale è l’ eradicazione del tumore e la guarigione del paziente.
Tra le complicanze tardive dobbiamo menzionare l’incontinenza urinaria e le disfunzioni sessuali, anche se in questi ultimi anni la loro percentuale è diminuita, soprattutto per la migliore comprensione della fisiopatologia e per gli sviluppi della tecnica chirurgica mentre la loro prevalenza è probabilmente aumentata in seguito al drastico incremento degli interventi di prostatectomia radicale nei Paesi industrializzati, che ha portato a un aumento totale del numero dei pazienti affetti. Secondo una rewiev del 2012,la prevalenza dell’incontinenza urinaria post prostatectomia varia dal 2% al 60%.
Anche qui viene ribadito come la frequenza dell’incontinenza, dopo prostatectomia radicale, risulti così varia, in quanto dipende: dal tipo di tecnica chirurgica utilizzata, dalla definizione di incontinenza impiegata, dal metodo seguito per quantificarla, dal momento in cui si valuta dopo l’ intervento, e da chi valuta la presenza e l’ assenza di incontinenza .
I fattori di rischio per l’ incontinenza dopo prostatectomia radicale comprendono l’ età del paziente al momento dell’intervento, lo stadio della malattia, la tecnica chirurgica utilizzata, la condizione di continenza preoperatoria, l’eventuale terapia radiante eseguita, la lunghezza dell’uretra membranosa in condizioni basali e un’eventuale pregressa TURP. Alcuni autori hanno rilevato come l’ età avanzata e il numero di co-morbilità abbiano un’ influenza negativa sul recupero della continenza durante il primo anno dopo prostatectomia radicale, ma la percentuale a uno o due anni non sembra essere significativamente modificata.
Dopo prostatectomia radicale l’ incontinenza può essere causata da disfunzione vescicale, disfunzione sfinteriale o da una combinazione delle due. L’esame urodinamico ha dimostrato che l’incompetenza sfinteriale è l’unica causa dell’incontinenza in più di due terzi dei pazienti, mentre la disfunzione vescicale da sola (iperattività detrusoriale, ridotta compliance, ipoattività detrusoriale durante la minzione) non è evenienza comune e si presenta in meno del 10%. Ad ogni modo, disfunzioni sfinteriali e vescicali possono coesistere in almeno un terzo dei pazienti incontinenti. Una disfunzione vescicale può comparire ex novo dopo prostatectomia, probabilmente indotta dalla denervazione vescicale, o causata dall’ostruzione cervicouretrale, o ancora, correlata a fattori preesistenti come l’ età. Sempre nella review del 2012 si conclude che in letteratura esistono numerosi dibattiti sull’origine dell’incontinenza dopo prostatectomia: essa può conseguire o ad una alterazione nel funzionamento dello sfintere o del detrusore, e a volte queste alterazioni possono coesistere. La debolezza o incompetenza dello sfintere intrinseco e l’iperattività detrusoriale sono citate come la cause più importanti dell’incontinenza post operatoria.
Importante ricordare che si in caso di incontinenza urinaria che in caso di disfunzione sessuale è possibile eseguire un percorso fisiterapico volto al miglioramento di tali problematiche.
In alcuni casi è possibile avere una ripresa della continenza urinaria e della funzionalità sessuale in maniera completa, in altri casi è presente solo un miglioramento senza la completa scomparsa della sintomatologia, è possibile comunque sempre migliorare significativamente la qualità di vita del paziente operato di prostatectomia radicale.